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IMPORTANTI COMUNICAZIONI PER DE FERRARI DALL'AVV.TREVISAN


Con provvedimento reso in data 8 aprile 2004, il Giudice di Genova investito della impugnativa della deliberazione di fusione dell'Acquedotto De Ferrari Galliera S.p.A. in Nicolay S.p.A. (c.d. fusione inversa) ha statuito sulla sospensione ha ritenuto sussistenti i motivi di doglianza in merito alla ricorrenza del diritto di recesso in capo ai titolari di azioni di risparmio di Acquedotto De Ferrari Galliera S.p.A. negato dalla società

Afferma il Giudice:

?… deve peraltro affermarsi che tale scelta non può non comportare per il socio portatore di azioni di azioni di questo tipo di facoltà di recesso. E ciò innanzitutto alla luce dell'art. 2437 c.c. 1 comma lettera g) che contempla il diritto di recesso per i soci che ?non concordino su delibere di modifica dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione?. Pare infatti evidente che la soppressione della categoria dei soci di risparmio e la loro conversione in azionisti ordinari li espone a richi diversi e sottrae loro diritti, di cui erano in precedenza legittimamente titolari, non valendo in contrario ammettere che essi vengono ad assumere un diritto di voto che, nell'odierna disciplina, può compensarli dei privilegi perduti. Nel caso in esame infatti, tale giudizio di convenienza, non può giustificare la esclusione di un diritto previsto per legge, dovendo lasciarsi agli interessati di valutare se giovarsi di tale vantaggio o recedere dalla società.? Ma tale diritto discende anche dall'art. 2437 c.c. quinquies c.c. in forma del quale ? Se le azioni sono quoatate in mercati regolamentati hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l'esclusione dalla quotazione?, poiché il venir meno delle azioni di risparmio, ne elimina come è ovvio, automaticamente la quotazione, il cui presupposto è necessariamente la loro esistenza.

In punto fumus boni iuris, in quasta sede necessariamente di cognizione sommaria, l'istanza pare quindi fondata? .

Quanto al periculum in mora, posto che per effetto della fusione non viene meno il diritto al risarcimento del danno, non risultava opportuno a giudizio del giudice sospendere la delibera che richiedeva una irreparabilità del danno.

Afferma il giudice:

?..Circa il danno paventato dagli attori si ricorda innanzitutto che essi non contestano l'operazione di fusione in corso né sostengono che essa sia inopportuna, ma lamentano appunto, il danno che deriva loro non essendo previsto il diritto di recesso, tanto che, nel giudizio di merito hanno avanzato una domanda risarcitoria……Il procedimento di fusione in oggi in corso, allora non pare idoneo, per titopogia di doglianza avantata nel giudizio ad incidere sulla misura del ristoro invocato, poiché il parametro in base al quale dovrà avvenire la liquidazione del danno, laddove sia definitivamente confermato il diritto di recesso, non subisce variazioni laddove sia nel frattempo intervenuta la fusione?. Si conferma dunque che il danno potrà essere risarcito anche dopo la fusione che quindi non pregiudica irrimediabilmente tale diritto.

 

Si segnala inoltre che la delibera è stata iscritto nel registro delle imprese in data 13 febbraio  2006 e che da quel momento decorrono i 90 giorni per proporre l'impugnazione della deliberazione o la domanda di risarcimento.

 

Deve peraltro essere osservato che la verifica del Giudice non si è spinta – in quanto non di sua competenza – all'analisi degli effetti della ricorrenza del diritto di recesso, del funzionamento del mercato dei titoli della Società, degli effetti della corretta rappresentazione dell'azionario da parte della Società, del numero di azioni in circolazione nonché del possibile livello di indebitamento della Società a seguito del recesso (oltre 10 milioni di Euro in più). Sul punto sono state a questo riguardo investite la Consob e la Borsa italiana  

 

Rimane inoltre massimo il regime di incertezza circa le formalità per l'esercizio del recesso che dovevano e debbono essere diffuse posto che coloro che hanno receduto si trovano oggi nella condizione di non conoscere se e quando verrà liquidato l'importo loro dovuto, ne se possono disporre dei loro titoli.

 

Va altresì rilevato che la stessa Società Acquedotto De Ferrari Galliera a mezzo del proprio rappresentante in udienza ha dichiarato in modo inequivoco che ?riconoscere il diritto di recesso agli azionisti di risparmio avrebbe significato compromettere l'operazione che era stata compiuta con l'OPA?,  così dimostrando la ragione per la quale il diritto di recesso non è stato concesso, con tutte le conseguenze del caso che tale affermazioni comporta.

 

In udienza inoltre è emerso che la Società  Acquedotto De Ferrari Galliera S.p.A. non ha acquisito alcun parere legale di un esperto legale indipendente e che sino al 23 marzo 2006, ovvero certamente in occasione dell'assemblea del 28 gennaio 2006 la società non aveva acquisito alcun parere scritto sul delicato tema del recesso. L'unico parere oggi disponibile è del legale che ha seguito l'operazione per conto della Società.

 

Oltre al provvedimento del Giudice vi sono altri precedenti che confermano la sussistenza del diritto di recesso in quanto legittimamente riconosciuti dalle rispettive società. Ci si riferisce alle operazioni di fusione Telecom Italia Mobile S.p.A. in Telecom Italia, Reno De Medici S.p.A. (scissione), Valentino Fashion Group (conversione di azioni di risparmio in azioni ordinarie).   

(L'autore del presente articolo non è iscritto all'ordine dei giornalisti e potrebbe detenere i titoli oggetto dei suoi articoli)

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