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FINALMENTE ANCHE IL WALL STREET JOURNAL LO RICONOSCE: CON I SUBPRIME LA SOLITA TRUFFA CHE PAGHIAMO CON I NOSTRI SOLDI


Immaginate come si fa a emettere un bond che copre un prestito subprime. Forse che l'amministratore delegato dell'emittente un giorno si presenta dalla agenzia di rating come Tomasini compra il parmigiano reggiano al mercato di Sassuolo ? Se gli piace compra, altrimenti passa al banco successivo. Oppure l'operazione viene studiata insieme, incontri su incontri, raccomandazioni, consigli su come fare a confezionare il prodotto. Insomma, collaborazione a tutto spiano.

 

Ora negli USA qualcuno si sta rendendo conto che questa storia dei mutui subprime è stata l'ennesima lavata fatta al popolo dei fessi, che è sempre numeroso perché, negli USA come in Italia, la loro mamma è sempre incinta.

 

E anche il compassato Wall Street Journal inizia a urlare allo scandalo (ma la nostra Isabella Buffacchi se ne era resa conto già 10 giorni fa su un bellissimo articolo de Il Sole 24 Ore) nella edizione di ieri.

 

Il mercato dei subprime è molto redditizio per una società di rating perché percepisce il doppio delle commissioni rispetto per esempio ad un corporate bond di una società quotata. Moody's ad esempio ha incassato 3 miliardi di dollari dal 2002 al 2006 facendo il rating sulle emissioni delle società subprime. Nel 2006 questa attività ha costruito il 44% del reddito aziendale di Moody's.

 

Se il rating di una agenzia non veniva garantito allora gli emittenti di bond subprime andavano da un'altra agenzia. E dopo aver perso il primo cliente ovviamente l'agenzia di rating diventata sicuramente più ?lenient? come si dice in inglese, ovvero più ?indulgente, comprensiva?.

 

?Era un po' come fare shoppping al mercato? ha confessato un dirigente di una agenzia di rating, aggiungendo che non si può comunque usare una parafrasi come questa e bisogna dire che le società che emettevano bond subprime semplicemente cercavano di ?massimizzare il valore? oppure la ?best execution?, parola che non vuole dire niente e dice tutto nel contempo ma fa sempre bella figura.

 

?Noi non negoziamo i criteri, abbiamo semplicemente delle discussioni? squittisce un altro manager di un'altra agenzia di rating. Già, le discussioni, queste piacciono sempre al mercato ed ai regolatori. Bisogna discutere, sempre e comunque, si perde tempo e nessuno ti taccia di essere ?non democratico?. Questa è una regola che conosce anche un sindaco di un paese di 1000 anime nella Maremma toscana.

 

?Ci guadagnavano tanto dalle emissioni che della sicurezza non gliene fregava un baffo? ha commentato il Procuratore Generale dello Stato dell'Ohio che sta indagando proprio su questo connubio perverso tra agenzie di rating ed emittenti.

 

Ma allora possiamo chiederci perché i sottoscrittori erano così stupidi da comprare obbligazioni così rischiose ? Semplicemente, e basta andare in una qualsiasi filiale di banca e capire quanto loro si rendano conto di cosa stanno facendo, perché anche i sottoscrittori non capivano niente di queste cose e si fidavano delle agenzie di rating.

 

Così va il mondo, cari lettori. Enron e Quote.com, Cirio, Parmalat e i bond argentini.

 

L'ultimo della nobile lista è proprio lui, il bond subprime. Preparatevi a farlo entrare nel rosarione delle disgrazie finanziarie internazionali.

 

 

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