Caro Direttore,
Solo alcuni pensieri sparsi. Quando sono
arrivato in Svizzera nel 1999, ormai 13 anni fa, i rendimenti fissati per la
pensione (il cosiddetto 2° pilastro, la parte più corposa del sistema
pensionistico svizzero che si basa su tre pilastri)
erano al 4.25%, se non sbaglio.
Tre giorni fa è stata fatta l'ultima
revisione dopo le varie seguitesi negli anni, che ha portato il rendimento all' 1.50% ! Quindi si è
abbassato del 75%, mi sembra. Unenormità, direi. Nessuna rivoluzione, nessun
sommovimento popolare, anche se a me la cosa mi fa arrabbiare e preoccupare non
poco. Il fatto è anche che gli svizzeri si fidano (ma forse sempre meno) dello
Stato; che forse neppure si rendono conto, abituati da sempre ad essere
garantiti, del cambiamento. Non sono ancora nell'ordine di idee
di contestare seriamente certe decisioni, pur avendo referendum a disposizione
ecc.
Ma volevo dire che questo Paese ha
affrontato e affronta la crisi sempre, senza aspettare il disastro, agisce
(bene o male si vedrà. Non sto dicendo che sono più bravi, ma sono certo più
presenti e più tempestivi, normalmente), e anche in maniera pesante, mi sembra.
Se i numeri lo comandano, intervengono.
Solo una considerazione: gli italiani
che hanno lavorato in Svizzera anche pochi anni, per quanto poco, ricevono in
proporzione una piccola pensione dalla Svizzera.
Io ho versato una decina di anni di
contributi in Italia e non mi viene riconosciuto un bel niente, tutto perso.
Salvo che ho tre amiche a Bologna che hanno insegnato, credo fino ai 40-42 anni o poco più e da allora (ormai da 20
anni) percepiscono una pensione, per quanto più piccola e magra. Ma tutte e tre
hanno sempre fatto, poi un altro lavoro (perlopiù in nero)
Ultima cosa. Ma davvero, solo per
segnalare differenze culturali (parlo della Svizzera interna, io): qui la gente
ha l'orgoglio del proprio lavoro.
Non si può neanche fare una battuta
riguardo, per esempio al cercare di far solo finta di lavorare. Il contadino ha
la sua dignità e anche il portalettere, una delle persone più riveritedella
comunità. Fare il proprio dovere al lavoro è il primo elemento di promozione
sociale. Chi tira a non lavorare e a non fare il proprio dovere non acquisisce
certo buona fama. Ed esiste anche un forte obbligo morale per chi fa servizio
al pubblico di essere gentile e di assumersi la responsabilità personale di
ogni atto compiuto, con nome e cognome. Poi tutto ciò che è esagerato è
esagerato. Personalmente non mitizzo il lavoro, e credo sempre più allo slogan:
lavorare meno lavorare tutti (tutti quelli che vogliono lavorare); ma per
quanto lavoro, cerco di fare il mio dovere.
Normalmente preferirei non dovere lavorare, perché mi piacerebbe fare
solo quello che mi interessa, ma allora non pretendo di essere pagato né di
ricevere pensioni.
Ma io immagino anche che scatti
automaticamente, in qualcuno, un senso di stizzosa invidia per la Svizzera. Non rida. Il
presidente della Banca Wegelin, la più antica banca della Svizzera, che si
distingue per editoriali del suo bollettino finanziario assolutamente originali
e che da anni, come voi, ha descritto ciò che oggi sta avvenendo, in un
editoriale di 2 anni addietro parlava della ?invidia per la Svizzera? da parte
degli Stati vicini. Ma non sto a farla lunga perché ci vorrebbe tempo per fare
capire il concetto. Io non amo la Svizzera e gli Svizzeri per tanti aspetti, ma
per molti altri non posso non ammirarli. Né li si confonda mai con i tedeschi. Gli
accordi bilaterali sono stati un disastro culturale e non solo, per la
Svizzera. Si rischia che il mondo perda un esempio unico prima che altri Paesi
abbiano la capacità e saggezza di guardare almeno cosa di buono ha fatto un
Paese vicino. Almeno la Svizzera ha saputo fare propria la pizza, il caffè, la
pastasciutta, il cappuccino, i pomodori e tante altre cose buone dell'Italia.
Marco Piras