Ancora sull'open interest


La scorsa settimana vi ho spiegato come utilizzo gli open interest a fini operativi.

 

Fondamentalmente il concetto è che gli strike su cui si concentrano forti open interest di call rappresentano punti di resistenza, mentre quelli su cui si concentrano forti open interest di put costituiscono forti supporti.

 

Vi ho anche detto che il modello in realtà è più complesso, e in effetti gradualmente entreremo nel merito delle complicazioni.

 

Oggi mi preme parlarvi delle eccezioni al modello, prima di entrare nel campo delle sue complicazioni.

 

Sono stato testimone di almeno un paio di eccezioni forti, anzi, molto forti, al modello che si basa sull'ipotesi che le posizioni a maggiore concentrazione siano vendite allo scoperto da parte dei grandi speculatori.

 

La prima, quella a tutt'oggi più eclatante in assoluto, si è verificata nei primissimi mesi del 2007 in relazione al titolo Fastweb. Ecco cosa ho visto.

 

Il 31 gennaio 2007, con il titolo Fastweb che quotava circa 38,6 euro per azione, stavo già seguendo da tempo le statistiche delle opzioni pubblicate giornalmente sul sito di Borsa Italiana, quando ho notato un fatto strano: a fronte di volumi medi giornalieri di poche decine di pezzi, le opzioni sul titolo fastweb erano improvvisamente molto attive; gli scambi erano di alcune migliaia di pezzi.  Ad una analisi ulteriore è emerso che il put call ratio, che fino a pochi giorni prima stava intorno all'unità, era crollato a 0,03.  Infatti tutte le migliaia di opzioni negoziate erano call.

 

Con un put call ratio di questo genere, sotto l'ipotesi che i grandi speculatori siano venditori allo scoperto, ci sarebbe da attendersi una debacle micidiale sul titolo!

 

Ma le call scambiate il 31 gennaio 2007 erano call strike 42 e 44, scadenza febbraio 2007.  Dodici giorni lavorativi alla scadenza, per uno strike minimo posto a quasi il 9% di distanza, roba che fastweb ci metteva una mezz'ora ad andare in strike se qualcosa bolliva in pentola…  Se l'attesa fosse stata quella di un forte crollo perchè avrebbero negoziato strike 42 e 44 anziché strike più vicini al prezzo corrente del sottostante? Avrebbe avuto molto più senso…

 

I giorni passavano e fastweb salicchiava, ma senza entusiasmi.  Il 16 febbraio è arrivato, e le call sono morte senza valore, essendo il titolo fastweb ancora sotto i 42 euro per azione.  Fine della storia? Ma nemmeno per sogno!

 

Quelli (chi fossero chi lo sa, chissà se la Consob lo sa chi era/erano… ma questo è un altro discorso…) ricominciano a comprare come matti.  Sempre call 42 e 44, scadenza marzo.

 

Passano due settimane e Swiss Comm lancia l'opa a 47 euro.

 

Ora ditemi che quei compratori 'impazziti' di call non sapevano perfettamente cosa stesse per accadere…. l'unica informazione che non avevano era 'quando'.  Ma sapevano che era imminente, altrimenti non avrebbero negoziato le call di febbario inizialmente.  E se non fossero stati certi del risultato non avrebbero riscommesso pesantemente su marzo dopo aver perso febbraio.

 

Dopo la scadenza di febbraio fui talmente convinto che qualcosa bollisse in pentola che seguii questi signori, nel mio piccolo.  E senza avere la minima idea di cosa stesse per accadere feci un ottimo (veramente ottimo…) profitto in poche settimane.

 

L'altro caso riguarda sempre il mercato italiano e fu su Fiat, anche se un po' meno eclatante; e comunque è meno interessante da analizzare.

 

Ciò che mi preme sottolineare è che sebbene in linea generale valgano le considerazioni che vi ho fatto nel precedente articolo, va detto che a volte ci vuole comunque un po' di attenzione, perchè, in particolar modo su alcuni titoli (magari quelli meno liquidi e più speculativi), la chiave di lettura può essere diametralmente opposta.

 

Buon pomeriggio a tutti

 

Domenico

(articolo di Sandro Mancini)

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